E’ giunta alla settima edizione l’organizzazione del Campus per pazienti pediatrici con Linfedema primario o sindromico e per i loro familiari. Con l’entusiasmo di sempre e con il Patrocinio dell’associazione di pazienti Lymphido e di ITA.L.F. Elodie Stasi ha coordinato il gruppo di assistenza che ha intrattenuto le 21 famiglie (tra cui una mamma con figlio di 10 anni giunti dal Portogallo) che, nonostante le limitazioni e le paure per la Pandemia in corso, si sono cimentate in una serie di impegni teorico-pratici molto intensi e significativi. L’ambiente splendido del canavese, sulle rive del lago di Candia, ed il clima mite e temperato goduto dai presenti nelle due giornate hanno fatto da splendida cornice in questo contesto
All’avvio della ‘due giorni’ si sono collegate on line Christin Moffat (Chair dell’International Lymphoedema Framework) ed Isabelle Queré di Montpellier per un saluto ed un augurio di buono svolgimento dei lavori.
La mattina del sabato è iniziata con una serie di interventi didattico/informativi aperta dallo scrivente che ha descritto come e perché si nasce con il Linfedema e come il problema deve essere affrontato dal piccolo paziente e dalla sua famiglia. Ha fatto seguito l’intervento di Marina Cestari che ha descritto quali difficoltà trova il TEAM riabilitativo nei primi approcci con la famiglia e nei periodi successivi, sottolineando il concetto di ‘tempo di latenza’ necessario alla famiglia stessa per ‘assimilare e digerire’ l’evidenza clinica che viene meglio descritta e che si accompagna al concetto di ‘cronicità’. In questo periodo, variabile nei singoli casi, il piccolo paziente e la famiglia prendono coscienza di ciò che comporta lo stato di ‘malattia rara’ raggiungendo il possibile equilibrio che consente di aderire al progetto riabilitativo con convinzione e spirito costruttivo, non già con rassegnazione. A seguire, Francesco Boccardo ha illustrato le indicazioni alle varie opzioni chirurgiche necessarie nei singoli casi sottolineando l’importanza di un’accurata selezione degli eventuali candidati agli interventi stessi. Ovviamente le domande dei genitori (con i bambini attenti a quanto veniva detto) hanno spaziato su tutte le problematiche legate alla prognosi ed alla gestione del caso clinico. Nel pomeriggio il gruppo si è diviso in due attività diverse: una indirizzata all’educazione al bendaggio ed all’autobendaggio con Jean Paul Belgrado, presente anche Marina Cestari, che riportava nozioni teoriche e pratiche illustrandole con termini divulgativi ed informativi ma che stressavano il concetto dell’importanza del bendaggio e dell’utilizzo dell’indumento elastico definitivo nel controllare la malattia, riducendo il volume e la consistenza delle aree anatomiche interessate e prevenendo le complicanze infiammatorie ed infettive
L’altro gruppo era riunito sotto la direzione di due psicologi ed alla presenza attiva dello scrivente per un confronto serio e sereno sui problemi personali, relazionali e sociali affrontati dai genitori e dalle famiglie. In questo contesto è venuto fuori di tutto, ma in particolare il ‘senso di colpa’ per aver contribuito a ‘metter al mondo’ un figlio con un problema fisico cronico e parzialmente inabilitante, e l’atteggiamento tendenziale all’iperprotezione che alcuni genitori tengono nei confronti dei propri figli condizionandone l’esistenza stessa. Si è cercato di far comprendere come la vita, sotto tutti i punti di vista, che il bambino deve trascorrere deve essere la più ‘normale’ possibile, nei limiti delle norme di prevenzione, anche se complicata dal difetto fisico, dal tempo (giornaliero, settimanale e mensile) dedicato alla sua cura e dalle ripercussioni psicologiche e fische che tutto ciò comporta. In relazione al senso di colpa lo scrivente ha sottolineato che il concetto di colpa implica la conoscenza, a priori, di un ‘esito’ dipendente da una azione o da una omissione commesse dall’interessato; ne consegue che il mettere al mondo un figlio con una problematica di questo tipo non può essere assolutamente ascrivibile ad una colpa: immaginate, ad esempio, i genitori di Beethoven che misero al mondo un figlio con una sordità congenita; figlio che (nonostante il grave handicap) ha realizzato la meraviglia delle nove sinfonie che hanno deliziato e continuano a deliziare l’intera umanità. E questo concetto vale per qualsiasi creatura venga messa al mondo relativamente a quanto questa riesca a realizzare nel suo contesto personale, relazionale e sociale, utile per sé stesso e per gli altri.
Il giorno successivo è stata la volta del gruppo di nefrologi, collaboratori del Professor Roccatello che hanno illustrato i principi del ‘Fit-Walking’ (attività fisica di una particolare marcia eseguita in condizioni costanti di aerobiosi) conducendo in un percorso di prova un folto gruppo di piccoli pazienti e dei loro genitori. Sono seguite nuove dimostrazioni di bendaggio e di autobendaggio, intercalate da aspetti ludici quali una ‘caccia al tesoro’ ed altre attività ‘accattivanti’ che hanno coinvolto in maniera molto costruttiva gli interi nuclei familiari. Da ripetere, sicuramente, magari ampliandone ancor di più la partecipazione. Da esperienze del genere si torna tutti più rinfrancati e corroborati, con una carica fisica, ma soprattutto mentale rafforzate, che consentono di affrontare molto più serenamente le difficoltà quotidiane da parte dell’interessato e della sua famiglia; il confronto e la condivisione delle medesime esperienze contribuiscono sicuramente a rafforzare la voglia di combattere e vincere gli aspetti negativi del problema.
Nel salutare il gruppo ci siamo dati un sicuro appuntamento ideale per il prossimo anno, sperando che questo sia più sereno e tutti si possano sentire liberi, finalmente, da tutti i vincoli che la pandemia ancora in atto ci ha costretti a sopportare anche e soprattutto in questa circostanza. Ovviamente le domande dei genitori in questo senso si sono ripetute, vertendo, soprattutto, sull’opportunità o meno della vaccinazione anti covid19, con particolare riguardo ai bambini. La nostra risposta anche in questo contesto (come già affermato in tante altre occasioni in tutto questo lungo periodo) è stata quella di pensare prima di tutto alla propria ‘incolumità fisica’ che viene messa a dura prova dall’aggressività biologica dell’agente patogeno. Si è sottolineato, ancora una volta, che il vaccino non va fatto tanto per sentirsi ed essere più liberi, ma per sentirsi più sicuri in un contesto sociale che ancora oggi vede troppi individui che, inconcepibilmente, nonostante tutte le remore legittime, fanno fatica a comprenderne l’importanza della sua pratica.
Il Campus si è chiuso con un arrivederci al prossimo anno per una nuova stimolante esperienza di ulteriore arricchimento.
Dr. Sandro Michelini
Candia Canavese 12 Settembre 2021
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